Una mostra di respiro internazionale eppure profondamente legata alla città è Trailer Park, allestita a Bari fino al 6 marzo, tra le sale, o meglio, nel cantiere del Teatro Margherita. Venticinque artisti provenienti dalla collezione della Fondazione Morra Greco di Napoli sono qui a raccontare la restituzione di uno spazio ai cittadini. Il Teatro Margherita, costruito nel 1912 era chiuso dal 1980. Nato come palcoscenico del varietà, era poi diventato un cinema finendo tristemente la sua carriera con il porno. Oggi è una sfida: un edificio bellissimo ma completamente da ristrutturare che dovrà ospitare il BAC, ovvero un Centro per le arti contemporanee qui a Bari. Insomma, questa mostra, curata da Jörg Heiser, è una specie di prova generale. Come lo è l'esposizione Il giardino segreto nell'ex convento di Santa Scolastica, curata da Lia de Venere e Antonella Marino, che raccoglie i lavori delle collezioni private baresi: da Joseph Beuys a Marco Tirelli, da Carl Andre a Kounellis. Come a dire: la città è pronta. C'è un filo che unisce le due proposte cittadine, visto che anche i 42 lavori raccolti al Teatro Margherita nascono dalla passione di un collezionista, Maurizio Morra Greco. E sono state selezionate secondo il criterio dell'instabilità, del confine incerto tra ciò che si presenta come eterno e magari è fuggevole e viceversa. Qui l'architettura perde il suo carattere di monumentalità, mentre l'opera di Jimmy Durham, Petrified Forest, sembra aver reso immutabile l'arredo di un ufficio. L'ambiguità ti accoglie già sulla facciata dove svetta, come una pubblicità, l'opera di Marko Lulic: un'insegna del Museo della Rivoluzione, ispirato a un simile progetto che doveva nascere a Belgrado e di cui si è costruita soltanto la cantina. Museo e rivoluzione, d'altra parte, sono quasi un ossimoro: il primo intende conservare, l'altra vorrebbe demolire. Tra le opere che sembrano nate qui perché fanno i conti con la memoria del posto, c'è il bel video del canadese Rodney Graham con un prigioniero che suona un pianoforte con le manette ai polsi. È poetico lo scatto di Lorenzo Scotto di Luzio che inquadra la parola fine scritta su uno schermo di acqua, destinata a dileguarsi eppure qui fissata per sempre. Le donne ritratte dalla ceca Katerina Seda mostrano con fierezza i loro piccoli oggetti sui davanzali delle finestre: l'importanza non è nel valore reale delle loro cose, ma nell'essere parte di un'intera vita. Anche qui è il punto di vista quello che conta. Se il Margherita era un cinema, ecco, a ricordarlo, l'occhio di Charlotte Rampling nell'opera di Steve McQueen e le due copertine di Jonathan Horowitz dedicate ai differenti viali del tramonto di Jane Fonda e Jerry Lewis: la prima forte delle sue battaglie, il secondo obeso e infelice, vittima del successo. Tra installazioni, fotografie e video di Manfred Pernice, Giulia Piscitelli, Eric Wesley, Seb Patane, ci si imbatte nella scultura di Isa Genzken Hall che sembra il plastico di un luogo diroccato, ma in realtà è una stanza e aspetta di essere abitata. Proprio come questo teatro. - LEA MATTARELLA
L'arte contemporanea salva il teatro abbandonato di Bari (da Repubblica ed. Bari del 5 febbraio 2011)
Scritto il 7 marzo 2011